sabato 1 ottobre 2011

Con occhio distante non si è mai


stampa fotografica su carta lucida, canapa e stucco
116x150 cm
2005

Priorità della specie


stampa fotografica su carta lucida, canapa e stucco
118x158 cm
2004

Critica/ 3

CAROL DODO

Nella storia dell’arte moderna, dall’impressionismo in poi, le correnti o scuole nuove sono non di rado legate a due soli nomi, come quelli di Seurat e Signac per il pointillisme o divisionismo, Picasso e Braque per il cubismo, Giorgio de Chirico e Alberto
Savinio per la metafisica, etc.
Due sono anche i nomi di quelli che vengono indicati come “Fratelli nell’arte”: gli stessi Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, Alberto e Diego Giacometti, Andrea e Pietro Cascella, Afro e Mirko Basaldella (in verità c’è anche un terzo fratello, Dino, ma i più importanti erano i primi due), Arnaldo e Giò Pomodoro.
Quali erano i rapporti fra queste coppie di artisti, o di pittori e scultori? Vari, ovviamente. Seurat e Signac avevano elaborato insieme le teorie divisioniste. Picasso e Braque avevano gareggiato nel proporre invenzioni sempre nuove. Giorgio de Chirico non aveva mancato di dare consigli ad Alberto Savinio quando questi aveva incominciato a dipingere ma poi i loro nomi erano stati accomunati nella pittura metafisica e surrealista o in quella che Sebastian Matta indicava come “la poetica dei due celebri fratelli italiani”. Afro e Mirko avevano avuto parecchie esperienze in comune ed erano molto legati affettivamente, ma il primo era pittore, il secondo scultore e le loro personalità artistiche erano molto connotate personalmente. Andrea e Pietro Cascella avevano realizzato a quattro mani, fra l’altro, il Monumento ad Auschwitz. Arnaldo e Giò Pomodoro avevano fatto per un periodo, quand’erano giovani, molte cose a quattro mani: gioielli, candelabri, porte per le chiese, sculture di vario genere.
Ma non era mai avvenuto che due artisti, quali Carlo Antonelli e Simone Zoccheddu, senza vincoli di sorta, né di sangue né di città, né di scuola né di formazione, il primo interessato alla fotografia e all’architettura, il secondo alla pittura e alla scultura, realizzassero una simbiosi creativa così stupefacente, dando vita ad una figura artistica nuova, addirittura a quella che essi stessi non esitano a definire una “terza persona”, che viene chiamata Carol Dodo e che rappresenta non solo la somma dei loro modi operandi ma un’entità scorporabile da essi e valutabile esclusivamente per il prodotto artistico che ne risulta.
E’ un fenomeno assolutamente nuovo nella storia dell’arte moderna e contemporanea. Un fenomeno che va oltre lo stesso territorio della creatività artistica per entrare nella sfera dell’inconscio o della psicologia del profondo, nei misteri abissali della personalità individuale e delle sue possibilità di metamorfosi.
Senonchè il prodotto che ne risulta è meramente artistico. Esso consiste in quelle che Carlo Antonelli e Simone Zoccheddu, reincarnatisi, per così dire, in Carol Dodo, chiamano fotoinstallazioni, frutto di differenti esperienze creative quali appunto la fotografia, la pittura, la scultura, la scenografia e l’architettura.
Secondo quanto scrivono i due autori, le fotoinstallazioni vengono eseguite in base alla luce e alle prospettive, con i mezzi più vari, come legno, plastica, ferro, ceramica, canapa, acciaio, gomma, stucco, vernice, vernice bianca, etc., e la foto che viene scelta per essere stampata è il risultato di vari procedimenti tecnici.
Ma l’aspetto più interessante di tutta l’operazione è la trasformazione di Carlo Antonelli e Simone Zoccheddu in Carol Dodo. Che fine hanno fatto le loro personalità individuali? Hanno perso o no i caratteri specifici che le connotavano originariamente? Hanno preservato le loro proprie identità? Se non si vuole sconfinare nel misticismo ma restare sul piano dell’espressività artistica, le risposte a queste domande non possono essere trovate che nell’inconscio dei due autori, se è vero che l’inconscio non è un caos più o meno tenebroso, ma, come sosteneva Jacques Lacan, è strutturato come un linguaggio, un codice linguistico. In principium erat verbum.
E’ più che discutibile che Carlo Antonelli e Simone Zoccheddu si siano dati un nome di donna perché questo tipo di linguaggio viene usato particolarmente dalle donne.
La loro è una invenzione inaudita, che può però suscitare quel clamore o quello scandalo che essi intendevano evitare.
Sul piano puramente tecnico, le loro opere sono ammirevoli per rigore formale, come le sculture bianche su fondi neri Del dolore, della morte, degli dei, Priorità della specie, Sono il vostro pane, Totemico dei nani con donnaTotemico dei bugiardi, Totemico dei maialiTotemico di Pierino, L’immagine opaca, .etc.
Ma anche le stampe fotografiche su carta opaca o su carta lucida e le stampe digitali ritoccate a mano sono belle e preziose per inventività, finezza compositiva, variazioni cromatiche.
Nel complesso queste opere hanno il fascino statico, quasi metafisico, che è proprio della fotografia o del “fermo-immagine”.

                                                                                                    Costanzo Costantini